Capelli legati in una specie di cipolla ma bassa e spettinata.
Lo sguardo cade nello specchio,
è risucchiato al suo interno dalle pupille, nere come la pece,
nere come il mascara che colora le occhiaie ora salate.
In mia difesa e protezione una felpa verde vivace più grande di me.
L’espressione di chi vince pur perdendo sempre.
Il viso corrucciato: sopracciglia in tensione, bocca imbronciata, schiena dritta, ma corpo senza vitalità…
Mi vedo incredibilmente bella ed orribile allo stesso tempo.
c’è qualcosa in quella rabbia che non si lascia celare…
Fissa negli occhi non vedo nessuna paura,
ma abbassando leggermente lo sguardo tra occhi e naso
mi è chiaro, che colei che non si lascia intimidire ha delle debolezze.
È la quiete dopo la tempesta, quando le lacrime hanno lacerato le guance,
solcato i tessuti, la pelle, il parquet, il tulle…
È pioggia che vedo fuori
e che apro la finestra per sentir sgocciolare fino a che penso che è la fine del temporale,
quell’attimo dopo, che le ultime gocce rallentano e ne resta un cielo bianco e vuoto come il mare quando è l’alba.
Come una ballerina dopo gli applausi
si sente triste a pensare che forse, forse potrà anche essere più del meglio, ma nulla sarà mai abbastanza.
~Parole come matite
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